Chiesa di San Sebastiano

a cura di Andrea Montano

La piccola chiesa di San Sebastiano rappresenta un caso quasi unico di un edificio sacro romanico che ha conservato nei secoli la struttura originale, senza aggiunte o modifiche di rilievo.
Sorge su un piccolo poggio panoramico di fronte a Villa, che domina il più antico punto di attraversamento dell’Erno, dove già passava l’antica strada romana che correva ai piedi della collina: ancora oggi il ponte ai piedi della chiesa di San Sebastiano viene chiamato romano, anche se è di costruzione moderna.
Intorno alla chiesa sono stati trovati resti di sepolture di epoca romana, ora scomparsi; nei boschi circostanti si incontrano ancora tratti del selciato in ciottoli dell’antica mulattiera per Massino.

La sua storia è piuttosto oscura: costruita probabilmente tra il 1100 e il 1125, a giudicare dalla struttura del campanile, è esplicitamente menzionata nei documenti solo verso la fine del XIII secolo. La tradizione popolare la mette in relazione, come sempre nel caso di piccole chiese isolate, con un villaggio oggi scomparso e la cui reale esistenza è del tutto improbabile, e con varie epidemie, confuse tra loro nel ricordo, delle cui vittime segnerebbe il luogo di sepoltura collettiva. (Altro esempio è la chiesa di Santa Cristina di Calogna).
La sua funzione originale, come pure le circostanze della sua costruzione, sono comunque ignote, anche se si possono far risalire al desiderio di Lesa di far valere la sua giurisdizione su un punto di passaggio e di incrocio di strade.

La struttura dell’edificio è molto semplice con un’abside e navata unica, orientata, come di regola, verso est.
Il campanile si appoggia sulla muratura della chiesa e, all’interno, su due pilastrini e mostra una struttura su tre ordini, con aperture di dimensioni crescenti: semplici feritoie in basso, monofore in mezzo e bifore a livello più alto.
L’abside è divisa in tre parti da lesene, con altrettante finestrelle a doppia strombatura e archetti pensili; nel muro sopra l’abside si apre una finestrella cruciforme, a cui corrisponde, all’interno, un affresco simbolico di Cristo-Luce. L’apertura stessa costituisce il corpo del Cristo e ai suoi lati sono dipinte due braccia aperte; in alto il sole e la luna, in basso due pecorelle protese verso la figura centrale, che rappresentano il popolo di Dio, e, al di sotto di essa, fronde fiorite, rappresentazione simbolico del paradiso. La rappresentazione del tema della redenzione attraverso il Cristo risorto, nella sua semplicità è estremamente efficace e unica nel suo genere. Raffigurazioni simili erano forse ampiamente diffuse in zona nel XII secolo, ma questa è comunque l’unica sopravissuta e non si può escludere del tutto che si tratti di un esemplare unico, un’invenzione teologica e artistica locale.

Nel catino dell’abside è affrescato il Cristo Pantocratore con i simboli degli evangelisti; al di sotto gli Apostoli; l’opera è probabilmente del secolo XV e di fattura modesta. L’altare, dopo l’eliminazione della sovrastruttura lignea di età barocca, appare come un semplice parallelepipedo di pietra del tutto spoglio, come lo è la navata. La muratura impiega tecniche diverse nella parte inferiore e in quella superiore, ma non c’è nessuna prova che quella costruzione sia avvenuta in fasi diverse.